Chi scrive per mestiere o per diletto, sa bene quanto questa attività si basi essenzialmente sul diffondere un messaggio.
Se ci si pensa, ogni atto comunicativo ha questa finalità. Nella nostra mente prendono vita delle idee che poi, tradotte in parole, giungeranno alle persone a cui sono dirette.
Oggi, tuttavia, stiamo assistendo a un fenomeno strano. Mi capita infatti di notare sempre più persone, soprattutto in ambito letterario, che mistificano l’importanza del messaggio.
Pare quasi che scrivere con questo intento – quello di divulgare dei messaggi, intendo – sia diventato démodé, e sarebbe invece preferibile impegnarsi in un concetto di letteratura in cui la forma vale più del contenuto (anzi, in cui essa stessa è contenuto).
Lungi da me criticare i fanatici dello stile. Ammiro anch’io – e a volte invidio – gli scrittori capaci di fondere agilmente tecnica e capacità espressiva. Analogamente ascolto sempre molto volentieri chi cita autori e titoli a me sconosciuti, dove un uso originale e pionieristico del linguaggio la fa da padrone.
Credo però sia necessario fare molta attenzione a non cadere nel tranello della disillusione.
Oggi viviamo in un’epoca in cui l’apparenza, inutile negarlo, pare sia l’obiettivo più alto a cui ambire. Ciò non fa altro che produrre uomini e donne la cui fiducia nel mondo e nel fatto che esso abbia ancora dei valori importanti da offrire, si è completamente smarrita nell’etere. L’unica scelta possibile sembra sia quella di abbandonarsi all’esteriorità, con la convinzione che questo rappresenti il solo modo per lasciare traccia del proprio passaggio su questa terra.
E anche quando ci si approccia a qualche timido tentativo di riflessione, la preferenza è quella di affidarsi a concetti stereotipati che il più della volte vengono presi per buoni perché “cool”. Slogan diffusi di “profilo in profilo”, pensieri a senso unico che, a conti fatti, portano le persone a sentirsi sempre più sole perché private della possibilità di un genuino confronto tra menti libere.
Trasferire questa attitudine alla vita anche nell’ambito della scrittura – e della lettura -, significa perdere una delle ultime possibilità che ci restano per andare in profondità.
I concetti appena espressi potrebbero apparire una banalità, e forse il problema sta proprio qui.
Non siamo più abituati ad accettare il fatto che un libro, pur nella sua semplicità, possa renderci individui migliori.
Ricerchiamo sempre l’effetto “wow”, con il risultato di trovarci con un pugno di mosche in mano e pochi spunti da cui partire per conoscere noi stessi, gli altri e il mondo che ci circonda.
Personalmente ho sempre ritenuto importanti quei libri che ti invitano a innalzare il pensiero e che, per questo, in qualche modo hanno il potere di cambiarti .
Perché sono convinto – e sempre lo sarò – che la cosa che conta di più nella vita sia evolvere. E non mi vergogno a credere che i libri possano aiutarmi in questa impresa.